Immagine logica dei fatti Palazzo Mazzarino Palermo
Immagine logica dei fatti Palazzo Mazzarino Palermo
Accademia Belle Arti Palermo

Sviluppa la sua passione per l’arte terminata la maturità classica quando, dopo i primi esperimenti di arte figurativa, frequenta il centro di arte sperimentale Man Ray di Cagliari. Risale infatti al 2001 “Compressioni”, una serie di dipinti appartenenti alla cultura informale dove macchie di colori si comprimono fra loro all’interno di uno spazio ideale. Si configura in queste opere la dialettica che rimarrà costante nel lavoro di Quida e che lo porterà alla sperimentazione di nuovi materiali, destinati a rendere l’idea dello spazio, dei suoi confini e del suo contenuto. Questi temi saranno affrontati per la prima volta in occasione del dialogo, nel 2010 presso la Temple University di Roma con il Futurista Mino Delle Site. Nel 2011 partecipa alla 54° Esposizione Biennale d’Arte di Venezia Padiglione Italia – Puglia. Nel 2014 presenta per la prima volta presso Palazzo Mongiò di Galatina, in un progetto di Pizzinini e Scolari, una serie di carte del tempo a cura di Michela Casavola, questo materiale diventa un mezzo per evidenziare il trascorrere del tempo. Con l’immersione di fogli di carta in un pigmento nero contenuto in cisterne di ferro Raffaele Quida marca e scandisce il tempo attraverso numeri che calcolano il periodo di immersione, e lo rende, quindi, visibile. Le sue installazioni nascono da situazioni ambientali e trovano poi collocazione in ambiti destinati ad un pubblico più consapevole, dove l’ambiente stesso si trasforma in un luogo in cui porsi domande su ciò che è reale e ciò che è stato creato. Questo è quello che succede con il progetto “Continuum”, un ciclo di installazioni urbane e performance. Il concept attorno a cui ruota tutto il corpus è il corpo, dal momento del concepimento-nascita, ai coinvolgimenti relazionali e sociali. Questa indagine viene attivata altresì attraverso l’immissione di oggetti incongrui ( oggetti industriali ) nel ritmo urbano a diretto contatto con la collettività e con gli spazi in cui essa quotidianamente vive, con le sue abitudini e le sue necessità, 2016 Piazza Del Ferrarese Bari a cura di Antonella Marino, 2017 presso un capannone industriale di Taranto a cura di Michela Casavola, 2016 nell’ Anfiteatro Romano di Lecce a cura di Lorenzo Madaro e nel 2017 all’ Ecomuseo Urbano MUMI ex Fornace Milano a cura di Alessia Locatelli. Lavora con vari materiali compositi prevalentemente utilizzati nell’edilizia e spesso reperiti nei cantieri edili, ma anche elementi naturali che in un certo senso interagiscono con quei materiali e con le geometrie architettoniche: la luce, l’aria, l’ossido, l’acqua gli agenti atmosferici e prodotti industriali come alluminio, ferro zincato e vetro a celle utilizzati prevalentemente nell’edilizia. Si delimita così una architettura ufficiale dove sono presenti i temi dell’urbanistica e del luogo, riconfigurando quei materiali attraverso una propria percezione. Dal 2010 a 2015 lavora su grandi fogli di carta fotosensibile collocati tra le mura non completamente realizzate nonché abbandonate di cantieri edili, presentate per la prima volta a Palermo in un dialogo con le opere di Luca Vitone a cura di Antonella Marino in occasione della mostra “Rizomata” ideata da Cosessantuno Arte Contemporanea. A prima vista semplici monocromi bianchi, ad uno sguardo più attento le opere rivelano le geometrie delle architetture impresse sui fogli dal taglio della luce che, infrangendosi sui pieni, fa intravedere gli spazi vuoti facendo depositare sulla superficie del foglio libera da impedimenti quella luce che ne determinerà il segno, lasciando che quel luogo si “autoritragga. Da quest’idea nasce la serie” Ritagliare gli spazi”. Nel 2019 “Immagine logica dei fatti”, presso Palazzo Mazzarino di Palermo a cura di Daniela Bigi, installa su pavimento una piattaforma di specchi, diventando un dispositivo di registrazione, come è stato per la serie Ritagliare gli spazi, lo stesso possiamo dire per gli specchi nel salone. Lo specchio riflette il suo intorno, e l’esperienza che si prova al suo cospetto è sempre per un verso una conoscenza dei fatti. Quida guarda all’insondabile, a dare forma sensibile alle ambigue e talvolta ignote dinamiche spazio-temporali. Il suo lavoro non vuole rappresentare il ricordo in sé ma il processo, in altre parole punta all’origine, a comprendere i meccanismi profondi che regolano l’esistenza, collettiva prima che individuale. Sue abituali coordinate sono da un lato la natura dell’uomo e dei suoi rapporti con l’ambiente, dall’altro la memoria degli individui e dei materiali, coordinate distinte ma complementari, l’una spaziale, l’altra temporale, l’una sincronica, l’altra diacronica. Nel 2018 Con “Geolocalizzazioni”, due cicli di opere installate negli spazi dell’Archivio Storico Comunale di Palermo a cura di Carmelo Cipriani, Quida reinterpreta i codici e gli schemi di rappresentazione del paesaggio ormai monotoni e standardizzati, un lavoro di scomposizione e unione di più carte topografiche, ricopiate poi su vecchi fogli attraverso l’uso di carta copiativa vede la nascita di nuovi centri urbani. Egli si esprime in opere in un continuo equilibrio perfetto tra rigore e caos, tempo umano e naturale, dinamiche speculative e flessioni spazio-temporali. 2019 “Camere di registrazione” a cura di Carmelo Cipriani, Fondazione per l’ Arte e le Neuroscienze F. Sticchi, Maglie (Le). Nel 2021 Con la mostra “Perimetro del sensibile”, in dialogo con Giuseppe Spagnulo, ideata e curata da Giacomo Zaza presso gli spazi seicenteschi della Chiesa della Madonna del Carmine (1608-1610) del Museo Nazionale di Palazzo Lanfranchi di Matera, presenterà opere e materiali fotosensibili (come la carta termica) che ostentano superfici in divenire, dove si sedimentano segni monocromatici in lenta trasformazione, l’opera intitolata Antropologia sociale, dove s’intravedono delle impronte sulla carta fotosensibile, le stesse riproposte su una lastra di marmo accanto alla carta, mediante segni scavati e riempiti con la polvere estrazione. In questo caso Quida accosta due superfici, intese come due dimensioni: una stabile, dove permane la traccia del passaggio dell’uomo, l’altra in continuo divenire, in perenne relazione con la vita dello spazio che la ospita e ancora Luce da Nord, 2021, (Lastra di piombo, plexiglass) Due dimensioni, una stabile – una lastra di piombo – dove permane il passaggio dell’uomo, l’altra processuale – un plexiglass fissato sopra il piombo che lascia passare la luce. In fine la serie di opere 2010, dove associa due immagini, due aree a confronto: la prima corrisponde a una carta termica riscaldata nel 2010 con una fonte di calore, e in costante processo trasformativo in base alla temperatura esterna, la seconda a una foto che documenta l’immagine prodotta dal surriscaldamento. Le opere “2010” documentano, per mezzo della foto, l’obsolescenza, durante un preciso momento di elaborazione. La caratteristica chimica della carta è destinata a cambiare la propria intensità cromatica, diventando opera mai definita. Mentre la riproduzione fotografica, eseguita al termine di ogni lavoro, rappresenterà lo strumento attraverso cui registrare e fissare per sempre quello che il tempo non potrà modificare più”. Sempre nel 2021 sarà presente al progetto “ALTARS”, bipersonale con Luigi Presicce, negli spazi dell’ex chiesa di San Francesco della Scarpa di Lecce, a cura di Carmelo Cipriani e Antonio Grulli. Presenterà una serie di opere in cui la compresenza di concetti ed elementi contraddittori riesce a far emergere riflessioni sullo spazio e il tempo legati alla dimensione umana. Si tratta di sculture e installazioni come lo specchio posizionato su di un blocco di pietra lavica, in cui alcuni fori sembrano alludere a possibili varianti di “posizioni” da cui osservare il mondo intorno a noi;oppure la lastra di granito, in grado di accendersi di oro, i cui bordi frastagliati evocano teorie filosofiche o matematiche sulla fragilità del tempo e dello spazio; il cielo blu su cui sembra aver lasciato un’ombra scura un sole ormai morto; la pietra che sembra sul punto di diventare testata d’angolo e che dentro di sé porta la memoria della propria geometria; o da ultimo due lastre quadrate sovrapposte, una cieca e una troppo trasparente e tanto aperta da diventare quasi invisibile”. il 7 ottobre 2022 con la mostra collettiva, Francesco Arena, Luigi Presicce, Raffaele Quida “Luce dei miei occhi” curata da Daniela Bigi presso la Galleria Anna Marra di Roma, presenterà una serie di cicli “Antropologia sociale” Lavori su carta fotosensibile, che reagisce alla luce del sole e al contatto dell’artista, colorandosi e svelando il tocco umano attraverso spontanei e quindi non precostituiti gesti e azioni del corpo. dimostrando la stretta relazione esistente tra corpo, oggetto, spazio e tempo. Ci si trova di fronte a tavole che fanno intravedere il passaggio dell’uomo interrotte, nella loro monocromia, dal tocco dell’artista, oltre che dall’esposizione alla luce. Non vi è un racconto definito alla base, una storia da svelare, ma il risultato finale, le conseguenze del rapporto tra le cose. Si gioca sul “non detto”: non si vedono determinati gesti; non si mostrano le cause di tutto. Ci si limita a svelare ciò che accade, i risultati pratici di ogni suo intervento, l’elemento umano che vi resta impresso. In questa serie di opere, viene nascosta la presenza dell’uomo puntando la luce esclusivamente sulle impronte che questo passaggio lascia dietro di sé. I segni lasciati su questi fogli, attraverso un processo artistico di disegno, ricalco e di scansione, verranno successivamente riproposte su lastre dure di ardesia, questi segni scavati saranno poi riempiti con la stessa polvere di estrazione. Scopo ultimo è quello di comprendere in modo concreto il passaggio umano sulla superficie e il processo creativo e quindi la relazione tra l’uomo, in questo caso l’artista, e le cose circostanti, nello spazio. Torna, anche qui, il tema del “non detto”. Si mostrano le impronte e ciò che è avvenuto ma non si manifesta ciò che genera il tutto. “Superficie” Fogli di archivio per la classificazione dei terreni agricoli sono stati colorati con il ramato, un prodotto usato in agraria, in questo modo la fallace obiettività di ogni tentativo di catalogazione (Alighiero Boetti insegna) si trova a fare i conti con l’arbitrarietà soggettività dello sguardo. La sua restituzione casuale concorre a scompaginare le carte e amplificare i piani di fruizione. In linea con quanto suggeriva il grande fotografo francese Robert Doisneau: “Suggerire è creare. Descrivere è distruggere”. “Luce da EST luce da OVEST” (Lastre di piombo e plexiglass) Due dimensioni, una stabile, la lastra di piombo, cieca, sorda, metallica e ottusa, l’ altra processuale, il plexiglass con la sua trasparenza che lascia passare la luce naturale riflessa, una luce uniforme che proviene da da EST e da OVEST. Nel 2023 è inserito nella Quadriennale di Roma. Il 20 aprile del 2024, inaugura a Ravenna la mostra personale “Varchi nel tempo” proposta dalla Galleria Monogao 21 a cura di Giacomo Zaza, Il percorso espositivo si concentra su un nucleo di quindici opere realizzate negli anni dal 2020 ad oggi attraverso cui l’artista esplora il tema del tempo, snodo concettuale di fondamentale importanza nella sua ricerca. In particolare, da oltre un decennio Quida porta avanti una specifica pratica pittorica delimitando la superficie del quadro attraverso l’immersione di fogli di carta cotone in un liquido nero pigmentoso e oleoso raccolto in vasche, assecondando una sua consolidata attitudine processuale per cui ne osserva e fissa le infinite variazioni possibili all’interno di uno spazio temporale. Così cristallizza e immortala delle “tracce in transito”, perimetrate da cornici di metallo, che compongono la serie “Carte del tempo” di cui a Ravenna mostra gli esiti più recenti. Il processo trasformativo viene indotto definendo prioritariamente l’intervallo di permanenza dei fogli nel liquido e sulle carte si vedono indicate le misurazioni in minuti dell’assorbimento del pigmento, che diventano i titoli delle opere. “La creazione artistica segue la natura e come tale non rimane statica, ma muta nel tempo seguendo la trasformazione strutturale e naturale del materiale con cui viene realizzata”, afferma Quida. Il risultato è particolarmente evocativo: una manifestazione di campiture monocrome irregolari che si muovono sul foglio e variano di dimensione e intensità, dipesa dalla fluidità di una combinazione di oli combusti e colori, evocando paesaggi, atmosfere e stati d’ animo. In mostra vi sono inoltre due esemplari dalla serie “Superfici”, ottenuti da vecchi fogli di archivio per la classificazione dei terreni agricoli integrati da vecchie fotografie di paesaggio, modalità con cui l’artista mette in dubbio l’obiettività dell’esercizio di catalogazione dei luoghi in relazione all’arbitrarietà soggettività dello sguardo, rendendo vano il tentativo dell’uomo di indagare e controllare lo spazio. Come scrive il curatore Zaza nel testo che firma per il catalogo, “Quida, suggestionato dal rapporto che l’uomo intesse con la natura e dal desiderio di ‘decifrarne i misteri’, si interroga sugli spazi che ci circondano e sull’invisibile e l’impalpabile che ci accompagna ovunque. Di fronte all’intero gruppo di opere sembra di percepire un varco temporale: osservate nel loro insieme costituiscono una molteplicità di zone brumose, visivamente instabili, che a tratti ricordano dei rilievi a forma di collina o delle zone desertiche, e appaiono come superfici variabili e vulnerabili. Spostando lo sguardo da un’opera a un’altra, ci muoviamo tra approdi temporanei: un procedere per soste e pause diverse tra loro, forse interpretando il flusso dell’energia dello spazio in cui viviamo (incredibile giacimento di materia e antimateria, di vuoti che fluttuano).”La pubblicazione che Monogao 21 dedica al lavoro dell’artista è un catalogo in edizione di pregio che raccoglie le opere esposte in galleria e si arricchisce di altri progetti e lavori a delineare l’impegno di Raffaele Quida nel panorama artistico italiano.

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Developed his passion for art after completing classical school when, after the first experiments in figurative art, he attended the experimental art centre Man Ray of Cagliari. It dates back to 2001 "Compressioni", a series of paintings belonging to the informal culture where spots of colours are compressed within an ideal space. These works are the setting for the dialectic that will remain constant in Quida’s work and which will lead him to experiment with new materials, designed to give an idea of space, its boundaries and its content. These themes will be addressed for the first time during the dialogue, in 2010 at the Temple University of Rome with the Futurist Mino Delle Site. In 2011 he participated in the 54th Biennale d'Arte di Venezia Padiglione Italia - Puglia. In 2014 he presented for the first time at Palazzo Mongiò in Galatina, in a project by Pizzinini and Scolari, a series of maps of time curated by Michela Casavola, this material becomes a means to highlight the passage of time. By immersing sheets of paper in a black pigment contained in iron tanks Raffaele Quida marks and marks time through numbers that calculate the immersion period, and makes it, therefore, visible. His installations are born from environmental situations and then find their place in environments intended for a more conscious public, where the environment itself becomes a place to ask questions about what is real and what has been created. This is what happens with the project "Continuum", a cycle of urban installations and performances. The concept around which the whole corpus revolves is the body, from the moment of conception-birth to the relational and social involvement. This investigation is also activated by the insertion of incongruous objects (industrial objects) in the urban rhythm in direct contact with the community and the spaces in which it lives daily, with its habits and needs, 2016 Piazza Del Ferrarese Bari curated by Antonella Marino, 2017 at an industrial hall in Taranto curated by Michela Casavola, 2016 in the Roman Amphitheatre of Lecce curated by Lorenzo Madaro and in 2017 at the Urban Ecomuseo MUMI ex Fornace Milano curated by Alessia Locatelli. Works with various composite materials mainly used in construction and often found on construction sites, but also natural elements that in a sense interact with those materials and architectural geometries: light, air, oxide, water, atmospheric agents and industrial products such as aluminum, galvanized iron and cellular glass used mainly in construction. It delimits an official architecture where the themes of urbanism and place are present, reconfiguring those materials through their own perception. From 2010 to 2015 he worked on large sheets of photosensitive paper placed between the walls not completely realized and abandoned construction sites, presented for the first time in Palermo in a dialogue with the works of Luca Vitone by Antonella Marino on the occasion of the exhibition "Rhizomata" designed by Cosessantuno Arte Contemporanea. At first sight simple monochrome white, at a closer look the works reveal the geometries of the architectures impressed on the sheets by the cut of light that, breaking down on the makes you see the empty spaces by depositing on the surface of the sheet free from impediments that light you. In this case, Quida approaches two surfaces, understood as two dimensions: one stable, where the trace of man’s passage remains, the other in continuous evolution, in perennial relationship with the life of the space that hosts it and again Luce da Nord, 2021, (Lead plate, plexiglass) Two dimensions, one stable - a lead sheet - where the passage of man remains, the other procedural - a plexiglass fixed on top of the lead that lets light pass. Finally, the series of works 2010, where it combines two images, two areas to compare: the first corresponds to a heated thermal paper in 2010 with a heat source, and in constant process transformation according to the external temperature, The second is a photo documenting the image produced by overheating. The works "2010" document, by means of the photo, the obsolescence, during a precise moment of elaboration. The chemical characteristic of paper is destined to change its chromatic intensity, becoming a definite work. While the photographic reproduction, performed at the end of each job, will be the tool through which to record and fix forever what time can no longer change". Also in 2021 will be present at the project "ALTARS", bipersonale with Luigi Presicce, in the spaces of the former church of San Francesco della Scarpa di Lecce, curated by Carmelo Cipriani and Antonio Grulli. It will present a series of works in which the coexistence of contradictory concepts and elements manages to bring out reflections on space and time related to the human dimension. It is about sculptures and installations as the mirror placed on a block of lava stone, in which some holes seem to allude to possible variants of "positions" from which to observe the world around us;or the granite slab, able to light up with gold, whose jagged edges evoke philosophical or mathematical theories on the fragility of time and space; the blue sky on which a sun now dead seems to have left a dark shadow; the stone that seems to be on the point of becoming a corner head and that inside carries the memory of its own geometry; or finally two square plates superimposed, one blind and one too transparent and open to become almost invisible". October 7, 2022 with the collective exhibition, Francesco Arena, Luigi Presicce, Raffaele Quida "Luce dei miei occhi" curated by Daniela Bigi at the Galleria Anna Marra in Rome, will present a series of cycles "Antropologia sociale" Works on photosensitive paper, that reacts to the sunlight and the artist’s contact, coloring and revealing the human touch through spontaneous and therefore not pre-constituted gestures and actions of the body. Demonstrating the close relationship between body, object, space and time. We are faced with tables that make the passage of man glimpse interrupted, in their monochrome, by the artist’s touch, as well as exposure to light. There is no story defined at the base, a story to be revealed, but the final result, the consequences of the relationship between things. We play on the "unsaid": we do not see certain gestures; we do not show the causes of everything. We merely reveal what is happening, the practical results of each intervention, the human element that remains imprinted on it. In this series of works, the presence of man is hidden by focusing the light exclusively on the footprints that this passage leaves behind. The marks left on these sheets, through an artistic process of drawing, tracing and scanning, will then be proposed again on hard slate slabs, these indented marks will then be filled with the same extraction powder. The ultimate goal is to understand in a concrete way the human passage on the surface and the creative process and therefore the relationship between man, in this case the artist, and surrounding things, in space. The theme of "unsaid" is also here. We show our fingerprints and what has happened but we do not manifest what generates everything. "Surface" Archival sheets for the classification of agricultural land have been colored with copper, a product used in agriculture, thus the fallacious objectivity of any attempt to catalogue (Alighiero Boetti teaches) is confronted with the arbitrary subjectivity of the gaze. Its random return helps to unbalance the cards and amplify the plans of use. In line with what the great French photographer Robert Doisneau suggested: "To suggest is to create. To describe is to destroy". "Light from EAST light from WEST" (Lead and plexiglass plates) Two dimensions, one stable, the lead plate, blind, deaf, metallic and dull, the other procedural, the plexiglass with its transparency that lets through the reflected natural light, a uniform light coming from EAST and WEST. In 2023 he is included in the Quadriennale di Roma. On 20 April 2024, he inaugurated in Ravenna the solo exhibition "Varchi nel tempo" proposed by Monogao 21 Gallery curated by Giacomo Zaza. The exhibition focuses on a core of fifteen works created in the years from 2020 to today through which the artist explores the theme of time, conceptual hub of fundamental importance in his research. In particular, for over a decade Quida has been carrying out a specific pictorial practice by delimiting the surface of the painting through the immersion of cotton paper sheets in a black pigmented and oily liquid collected in tanks. According to his established procedural attitude, he observes and fixes the infinite variations within a time space. Thus, it crystallizes and immortalizes the "traces in transit", surrounded by metal frames, which make up the series "Maps of time" whose recent results are shown at Ravenna. The transformation process is induced by defining the time interval of the leaves in the liquid and on the cards are shown the measurements in minutes of the absorption of the pigment, which become the titles of the works. "Artistic creation follows nature and as such it does not remain static, but changes over time following the structural and natural transformation of the material with which it is made," says Quida. The result is particularly evocative: a manifestation of irregular monochrome surfaces that move on the sheet and vary in size and intensity, depending on the fluidity of a combination of burnt oils and colors, evoking landscapes, atmospheres and moods. There are also two specimens from the "Surfaces" series, obtained from old archival sheets for the classification of agricultural land supplemented by old landscape photographs, The way in which the artist questions the objectivity of the exercise of cataloguing places in relation to the arbitrariness of the subjectivity of the gaze, rendering vain the attempt by man to investigate and control space. As the curator Zaza writes in the text he signs for the catalogue, "Quida, influenced by the relationship that man has with nature and the desire to 'decipher its mysteries', questions about the spaces that surround us and the invisible and impalpable that accompanies us everywhere. In front of the entire group of works seems to perceive a temporal gap: observed as a whole they constitute a multiplicity of foggy, visually unstable zones, that at times resemble hill-shaped reliefs or desert zones, and appear as variable and vulnerable surfaces. Moving our gaze from one work to another, we move between temporary landings: a process of stopping and pausing in different places, Perhaps interpreting the flow of energy from the space in which we live (incredible deposit of matter and antimatter, of voids floating)."The publication that Monogao 21 dedicates to the work of the artist is a prestigious catalogue that collects the works exhibited in the gallery and is enriched with other projects and works to outline the commitment of Raffaele Quida in the Italian artistic panorama.